Le Propaggini e la festa del 26 dicembre
Sospesa tra storia e leggenda, la Festa delle Propaggini si svolge il 26 dicembre, aprendo le lunghe danze del Carnevale di Putignano.
La ricorrenza, legata alla traslazione delle reliquie di Santo Stefano del 1394, fonde e confonde sacro e profano: da un parte, il ricordo di un importante episodio religioso, dall’altra, una festa radicata nella tradizione di Putignano, dal tono dissacrante e satirico.
La storia delle Propaggini
È il 1394. La costa pugliese è preda delle scorrerie saracene, i tentativi di assalto si susseguono e la paura dei saccheggi inizia a popolare costantemente gli incubi di abitanti e governatori, al tempo, i Cavalieri di Malta.
L’imperativo è uno: proteggere dalle razzie ciò che di più prezioso è custodito nel territorio, partendo dalle reliquie di Santo Stefano Protomartire, fino a quel momento conservate nell’abbazia di Monopoli. Allontanarle dalla costa e spostarle nell’entroterra sembra essere l’unica soluzione possibile: Putignano, perfetta per la sua posizione, viene scelta come meta del trasferimento.
Il 26 dicembre 1394 le reliquie, accompagnate da un corteo sacro, vengono traslate nella chiesa di Santa Maria la Greca, lì, dove tutt’oggi sono ancora custodite.
È in questo momento che la storia si intreccia alla leggenda, il sacro al profano: il racconto, tramandato dalla tradizione orale, vuole che i contadini di Putignano impegnati nell’innesto delle viti con la tecnica della propaggine, al passaggio della processione abbandonassero campi e lavoro per accodarsi festanti al corteo, ballando, cantando e improvvisando versi satirici in vernacolo.
Nasce così la Festa delle Propaggini, quella che da secoli segna l’inizio del Carnevale più lungo di Italia nonché più antico di Europa: il Carnevale di Putignano.
La Fondazione Carnevale di Putignano ha sede a Putignano in via Conversano n.3/f
È riconosciuta con D.P.G.R. Puglia n. 483 del 13.05.1993
La Festa delle Propaggini
Il cuore della Festa delle Propaggini è una pacifica sfida in vernacolo a suon di satira. Gruppi e poeti dialettali, i cosiddetti “propagginanti”, sono i protagonisti indiscussi di una ormai famosa e folcloristica esibizione; in abiti da contadini e arnesi da lavoro, ripercorrono l’anno appena trascorso recitando i famosi cippon, versi satirici in rima contro politici e personaggi noti della città. Un rito purificatorio della comunità che, “mettendo in piazza” i misfatti della vita cittadina, attraverso la satira denuncia i propri mali per propiziare un futuro migliore.
I propagginanti si alternano sul palco, allestito nella suggestiva Piazza Plebiscito, per piantare il cèppone, simbolo della festa, dal duplice significato: pianta della vite e organo sessuale maschile, il che fa chiaramente presagire il colorato e allusivo contorno dei testi recitati.
Tra il racconto in chiave satirica delle vicissitudini cittadine e la serie di allusioni alla sfera sessuale, si arriva al momento in cui un’attenta giuria proclama il gruppo vincitore della serata: satira, padronanza del dialetto, rispetto della tradizione, efficacia dei testi, recitazione ed esecuzione musicale i criteri di valutazione.